
Carlino de’Pazzi di Valdarno
E perché non mi metti in più sermoni,
sappi ch’i’ fu’ il Camiscion de’ Pazzi;
e aspetto Carlin che mi scagioni
(Inferno, canto XXXII, vv. 67-69)
sappi ch’i’ fu’ il Camiscion de’ Pazzi;
e aspetto Carlin che mi scagioni
(Inferno, canto XXXII, vv. 67-69)
Le vicende che hanno condotto Carlino De’Pazzi nell’Inferno dantesco sono da riferire all’anno 1302. Come scrive il cronista Giovanni Villani:
"[...] si rubellò a’Fiorentini il castello di Piano di Trevigno in Valdarno per Carlino de’Pazzi di Valdarno, e in quello col detto Carlino si rinchiudono de’migliori nuovi usciti Ghibellini e Bianchi di Firenze, grandi e popolani, e faceano grande guerra in Valdarno".
Carlino cercava, con l’apporto di molti ghibellini del Valdarno, di rimpossessarsi dei possedimenti che erano della propria famiglia fino al 1288, anno in cui Firenze se ne impadronì.
Queste operazioni in Valdarno costrinsero Firenze ad allentare l’assedio che stava ponendo a Pistoia per spostare le truppe. Il castello di Piantravigne venne posto sotto assedio per ventinove giorni.
Gli assediati non cedevano. I fiorentini decisero allora di ottenere con il denaro quello che non riuscivano ad ottenere con la forza. Promisero a Carlino la restituzione dei vecchi possedimenti della famiglia Pazzi e il risarcimento di 4.000 fiorini d’oro per Piantravigne e i territori dove Firenze stava edificando la terra nuova di Castelfranco di Sopra. In più, Carlino vide eliminate tutte le condanne a lui rivolte.
Il castello fu abbandonato da Carlino e i suoi, lasciando alla scorribanda dei Fiorentini. Molti morirono sotto i ferri, tra cui qualche amico di Dante.
Fonte Testo: Ricerca della Rete Documentaria Aretina
Fonte Foto: scuolissima.com